sabato 24 marzo 2012

Dante - Inferno I -112, 123


Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno,
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;

Giovanni Pascoli


  Allora...in un tempo assai lunge
  felice fui molto; non ora:
  ma quanta dolcezza mi giunge
  da tanta dolcezza d’allora!

  Quell’anno! per anni che poi
  fuggirono, che fuggiranno,
  non puoi, mio pensiero, non puoi,
  portare con te, che quell’anno!

   Un giorno fu quello, ch’è senza
   compagno, ch’è senza ritorno;
  la vita fu vana parvenza
                                          sì prima sì dopo quel giorno!

                                          Un punto!... così passeggero,
                                          che in vero passò non raggiunto,
                                          ma bello così, che molto ero
                                          felice, felice, quel punto!

                                                    "Allora" tratto da "Myricae" 

domenica 4 marzo 2012

Fedor Dostoevskij

"E se il malato, del quale stai lavando le ferite, non ti ricompensasse subito con gratitudine ma al contrario cominciasse a darti il tormento con i capricci, senza apprezzare né notare i tuoi caritatevoli servizi, se cominciasse a gridarti contro, a impartirti ordini con villania, persino a lamentarsi di te presso qualche superiore (come spesso accade con i pazienti che soffrono molto), che cosa succederebbe allora? Persevererai nel tuo amore oppure no? E, sapete, io sono pervenuta con orrore a una conclusione: se c’è qualcosa che farebbe raggelare immediatamente il mio amore “attivo” per l’umanità, quella sarebbe l’ingratitudine. Insomma, sono un’operaia per la paga, esigo subito la paga, cioè le lodi e la ricompensa dell’amore per l’amore. Altrimenti non sono capace di amare nessuno!"


Voltaire


"Per la maggior parte delle persone correggersi vuol dire cambiare i propri difetti"



Ugo Foscolo - "Alla Sera"

Forse perché della fatal quïete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,

 e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme 

  delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.


martedì 21 febbraio 2012

Arthur Schopenhauer




Nel mondo non si ha altra scelta che quella tra la solitudine e la volgarità

Battaglione Sacro

Racconta Plutarco come il corpo scelto dell'esercito tebano, il cosiddetto "Battaglione Sacro", fosse costituito da 150 coppie di guerrieri omosessuali. Si riteneva infatti che, in questo modo, ciascun soldato avrebbe dato il massimo sul campo di battaglie allo scopo di proteggere il proprio amante. In altre parole sembra che per ottenere il massimo dagli uomini bisogna tenerli costantemente sotto il ricatto di privarli di qualcosa che amano.

Oscar Wilde




"Un amico è qualcuno che ti conosce molto bene e, nonostante questo, continua a frequentarti."

Leopardi - Timandro e Eleandro

"Io non veggo come non sia parimente ridicolo questo continuo presupporre che si fa scrivendo e parlando, certe qualità umane che ciascun sa che oramai non si trovano in uomo nato, e certi enti razionali o fantastici, adorati già lungo tempo addietro, ma ora tenuti internamente per nulla e da chi gli nomina, e da chi gli ode a nominare. Che si usino maschere e travestimenti per ingannare gli altri, o per non essere conosciuti; non mi pare strano: ma che tutti vadano mascherati con una stessa forma di maschere, e travestiti a uno stesso modo, senza ingannare l'un l'altro, e conoscendosi ottimamente tra loro; mi riesce una fanciullaggine. Cavinsi le maschere, si rimangano coi loro vestiti; non faranno minori effetti di prima, e staranno più a loro agio. Perché pur finalmente, questo finger sempre, ancorché inutile, e questo sempre rappresentare una persona diversissima dalla propria, non si può fare senza impaccio e fastidio grande"

giovedì 2 febbraio 2012

Akbar il Grande


Akbar il grande fu l'artefice della massima espansione in India dell'impero Moghul. Nato il 15 ottobre 1542 ottenne il trono quando aveva appena tredici anni in seguito alla morte del padre per un incidente. all'inizio la reggenza del regno fu esercitata da Bairam Khan, un ufficiale dell'esercito del defunto sultano. Giunto all'età di diciassette anni Akbar, dopo vari scontri, pretese le dimissioni del reggente. Tuttavia il potere venne di fatto assunto da Mahan Anga, che era stata la balia di Akbar, e da suo figlio Adham Khan. Quest'ultimo si rivelò un ambizioso e violento, tanto che a seguito di una campagna condotta contro il vicino sultanato di Malwa per impossessarsi del bottino di guerra non esitò a far uccidere donne, bambini e anche religiosi. Pare che a seguito di questo episodio Akbar lo rimosse dall'incarico, suscitando l'ira del rivale che, dopo aver ucciso il suo sostituto, e si recò presso l'harem del Sultano per uccidere anche Akbar, il quale riuscì a farlo cadere da una terrazza del palazzo reale. Si racconta che Adham Khan sopravvisse alla caduta, ed allora Akbar lo raggiunse, lo trascinò sul punto più alto del palazzo e lo fece di nuovo precipitare per assicurarsi che morisse. Fu così che Akbar assunse i pieno poteri, e si dedicò a un serie di campagne che fecero raggiungere all'impero moghul una estensione mai raggiunta prima. Akbar adottò una politica di tolleranza nei confronti dei popoli sottomessi, eliminò la tassa che gravava sui cittadini non musulmani, vietò che i prigionieri fossero convertiti all'islam con la forza, accolse nel suo palazzo saggi di varie sette islamiche ma anche sacerdoti cristiani, induisti e di altre religioni. Il contatto con tali intellettuali allontanò Akbar dall'ortodossia musulmana e gli fece concepire una nuova idea religiosa basata sull'unione dei principali precetti delle diverse religioni del regno. Ciò condusse taluni ufficiali dell'esercito a sollevarsi contro il sovrano, accusato di essere un infedele, e ad acclamare sul trono il fratello Muhammed Hakim. I due fratelli si scontrarono nel 1581 e Akbar riuscì a sottomettere i ribelli. Poco dopo contro il sultano si sollevò anche suo figlio, Jahangir, e anche se i due in seguito si riconciliarono secondo alcune fonti Akbar morì proprio avvelenato dal figlio i 27 ottobre 1605. Akbar fu un sovrano molto amato, sia per la sua tolleranza religiosa, sia perchè seppe essere deciso ma anche giusto con tutti, sia di alto che di basso rango. 

domenica 22 gennaio 2012

Ovidio - Metamorfosi


ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano
Bauci, una pia vecchietta, e Filemone, della stessa età,
che in quella capanna erano invecchiati, alleviando la povertà
con l'animo sereno di chi non si vergogna di sopportarla.
Non ha senso chiedersi chi è il padrone o il servitore: la famiglia
è tutta lì, loro due; comandano ed eseguono tutti e due.
Quando i celesti, arrivati a questa povera casa,
entrarono chinando il capo per l'angustia della porta,
il vecchio li invitò ad accomodarsi, accostando una panca,
sulla quale Bauci stese con premura un ruvido panno; lei,
poi, smosse sul focolare la cenere tiepida, ravvivò
il fuoco del giorno avanti, alimentandolo con foglie e corteccia,
e ne fece scaturire fiamme con quel poco fiato che aveva.
Da un ripostiglio trasse scaglie di legno e rametti secchi,
li spezzettò e li pose sotto un piccolo paiolo;
spiccò le foglie ai legumi raccolti dal marito
nell'orto bene irrigato, mentre lui con un forcone staccava
la spalla affumicata di un suino appesa a una trave annerita:
di quella spalla a lungo conservata taglia una porzione
sottile, che pone a lessare nell'acqua bollente.
Intanto ingannano il tempo che si frappone conversando,
perché non si avverta la noia dell'attesa. Appesa a un gancio
per il suo manico ricurvo, vi è una tinozza di faggio:
la riempiono d'acqua tiepida e vi immergono i piedi
per ristorarli. Al centro, sopra un letto dalla sponda
e dalle gambe di salice, c'è un giaciglio d'erbe morbide.
Sprimacciano il giaciglio d'erba morbida di fiume,
posto sopra il letto dalla sponda e dalle gambe di salice.
Lo coprono con una coltre, che hanno l'abitudine di stendere
solo nei giorni di festa; ma anche questa coltre era vecchia
e logora, giusto adatta a un letto di salice.
Gli dei si adagiano. La vecchia, con la veste raccolta, apparecchia
vacillando la tavola; ma delle sue tre gambe una è corta:
un coccio la pareggia; infilato sotto elimina la pendenza,
e il piano viene poi ripulito con un ciuffo di menta verde.
Sopra vi pone olive verdi e nere, sacre alla schietta Minerva,
corniole autunnali aromatizzate con salsa di vino,
indivia, radicchio, una forma di latte cagliato, e
uova girate leggermente nel tepore della cenere;
il tutto in terrine. Poi porta in tavola un cratere cesellato
nello stesso 'argento', bicchieri di faggio intagliato
che hanno la superficie interna spalmata di bionda cera.
Dopo non molto, giungono dal focolare le vivande calde,
si mesce un'altra volta il vino (certo non d'annata),
poi, messo il tutto un poco in disparte, si fa posto alla frutta.
Ed ecco noci, fichi secchi misti a datteri grinzosi,
prugne, mele profumate in larghi canestri,
grappoli d'uva colti da tralci purpurei.
Al centro un candido favo. Ma a tutto questo si accompagnano
facce buone, sollecitudine sincera e generosa.
E qui i due vecchi si accorgono che il boccale, a cui si è attinto
tante volte, si riempie da solo, che il vino da solo ricresce;
turbati dal prodigio, Bauci e il timido Filemone son presi
dal terrore e con le mani alzate al cielo si mettono a pregare,
chiedendo venia per la povertà del cibo e della mensa.
C'era un'unica oca a guardia di quella minuscola cascina,
e loro erano pronti ad immolarla per quegli ospiti divini.
Ma l'oca starnazzando scappa in barba a quei lenti vecchietti,
beffandoli di continuo, finché fu vista rifugiarsi
proprio accanto agli dei, che proibiscono di ucciderla, dicendo:
"Numi del cielo noi siamo, e i vostri empi vicini avranno
la punizione che meritano; a voi invece d'esserne immuni
sarà concesso. Lasciate solo la vostra casa,
seguite i nostri passi e venite con noi in cima
a quel monte!". I due obbediscono e, appoggiandosi al bastone,
salgono lungo il pendio a fatica, passo passo.
Distavano ormai dalla vetta il tragitto che può percorrere
una freccia: volgono gli occhi e vedono che giù tutto è sommerso
da una palude, tutto tranne la loro dimora.
E mentre guardano stupiti, piangendo la sorte dei vicini,
quella vecchia capanna, piccola anche per i suoi padroni,
si trasforma in un tempio: colonne vanno a sostituire i pali,
vedono la paglia del tetto assumere riflessi d'oro,
le porte ornarsi di fregi e il suolo rivestirsi di marmo.
E allora con voce serena il figlio di Saturno così parla:
"O buon vecchio e tu, donna degna del tuo buon marito,
esprimete un desiderio". Consultatosi un po' con Bauci,
Filemone partecipa agli dei la loro scelta:
"Chiediamo d'essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante, ch'io mai non veda
la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi".
Il desiderio fu esaudito: finché ebbero vita,
custodirono il tempio. Ma un giorno mentre, sfiniti dallo scorrere
degli anni, stavano davanti alla sacra gradinata, narrando
la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi
di fronde e il vecchio Filemone coprirsene Bauci.
E ancora, quando la cima raggiunse il loro volto,
fra loro, finché poterono, continuarono a parlare: "Addio,
amore mio", dissero insieme e insieme la corteccia come un velo
suggellò la loro bocca. Ancor oggi gli abitanti della Frigia
mostrano l'uno accanto all'altro quei tronchi nati dai loro corpi.
Queste cose mi furono narrate da vecchi degni di fede
e che non avevano ragione di mentire.

sabato 14 gennaio 2012

Voltaire





Bisogna essere dei grandi ignoranti per rispondere a tutto quello che ci viene chiesto.

Petrarca - Trionfo della Morte



Pallida no, ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca.
Quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi,
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso

Tirso Licedio Arcade

Le persone non cambiano, al massimo fanno esperienza.

Archiloco


e spesso sul mare canuto tra ricci di schiuma,
implorando il dolcissimo ritorno

Arthur Schopenhauer





"Ciò che uno può essere per l'altro ha limiti molto ristretti: alla fine ognuno rimane solo."